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VarioMondo articoli - agricoltori Generi alimentari: La chiusura dei mercati all’aperto a causa del coronavirus ha paralizzato 450 realtà produttive non legate alla grande distribuzione Le piccole aziende agricole vanno a picco il Manifesto - 1 aprile 2020 «È tutta la settimana che ricevo telefonate di agricoltori che hanno il prodotto pronto per i mercati e invece sono costretti a buttarlo via», si sfoga così al telefono Marco Boschetti, direttore del Consorzio agrituristico mantovano che associa 450 aziende agricole familiari, tra piccole e medie, la metà delle quali partecipano ai 30 mercati contadini organizzati in vari paesi del mantovano, ma anche a Milano. «Da quando la regione Lombardia il 21 marzo scorso», ricorda Boschetti, «ha disposto la sospensione sino al 15 aprile, come del resto è avvenuto in tutta Italia, di tutti i mercati all’aperto, compresi quelli contadini, perdiamo 10mila euro a settimana». «LE AZIENDE AGRICOLE SONO allo stremo; non può andare avanti così. Con l’arrivo della primavera il rischio di buttar via ciò che matura è certo. Dure e pesanti saranno le conseguenze economiche per le aziende agricole che portano i prodotti ai mercati contadini, avendo impostato coltivazioni e allevamenti per la vendita diretta. Ci devono permettere», prosegue il direttore del Consorzio, «di aprire nuovamente con tutte le dovute cautele del caso. Anche noi forniamo un servizio primario per la popolazione». Il problema è analogo per i circa mille mercati gestiti dagli agricoltori che operano da nord a sud dell’Italia e dove hanno fatto la spesa almeno una volta, stando a un’indagine del 2017, otto milioni di cittadini. VarioMondo articoli – parole di guerra dai commenti: E’ vero parlare di guerra ci fa sentire tutti o soldati o vittime mentre parlare di malattia ci farebbe sentire persone che curano o pazienti che vengono curati e c’è una bella differenza… Da Brescia si leva un grido: basta parlare di guerra Comune-info - 24 marzo 2020 La crescita e poi il dilagare della pandemia vengono raccontati quasi sempre con un linguaggio costellato di trincee, prime linee, fronti, eserciti e barricate per indicare ospedali, medici, infermieri e terapie intensive. Questa è una guerra è stato l’incipit di un fiume impetuoso di dichiarazioni, da quelle dei luminari delle malattie infettive fino ai presidenti manager dello sport che rinunciano tanto malvolentieri agli eventi programmati. Un segnale evidente che questo modo di guardare il mondo penetra sempre più a fondo anche nell’ordine simbolico e psichico della rappresentazione del reale, una manifestazione che ci indica come si stia sedimentando l’idea che le crisi, le difficoltà, le incertezze (una parola così importante di questa situazione) si risolvono con meccanismi trancianti, cesure nette, scelte indiscutibili e, se necessario, strumenti repressivi, violenti, totalizzanti. Le metafore della militarizzazione dell’emergenza, anche quella economica, raccontano sempre molto più di quanto non appaia, scrive Mimmo Cortese, che a Brescia, con Bergamo l’epicentro della tragedia lombarda, vede ogni giorno crescere intorno a sé le ombre e i messaggi funesti del carattere più irreparabile del tempo sconcertante che stiamo vivendo, quello dei cimiteri incapaci di contenere le vittime del virus. Per questo è così importante che sia lui a ricordarci con le affermazioni di un grande filologo polacco, Victor Klemperer (La lingua del Terzo Reich), che le parole possono essere come minime dosi di arsenico: ingerite senza saperlo sembrano non aver alcun effetto, ma dopo qualche tempo rivelano tutto l’effetto di questa orrenda narrazione tossica. Le parole per affrontare questa pandemia, sostiene Mimmo, sono cura, ricerca medica, responsabilità, condivisione, attenzione, salute, precauzione, guarigione, cautela, solidarietà, fragilità, lentezza, protezione, amore. Nulla a che vedere né con la guerra, né con i simboli che essa scatena VarioMondo appelli - stranieri/e Covid-19, l’impatto sui diritti delle cittadine e cittadini stranieri e le misure di tutela necessarie ASGI e molti altri firmatari - 24 marzo 2020 “Nei periodi di crisi, gli effetti delle disuguaglianze formali e sostanziali diventano ancor più evidenti. Le note che seguono forniscono una prima panoramica sui diritti dei cittadini stranieri messi a rischio dall’emergenza COVID-19.” Così inizia il Documento sottoscritto da decine di associazioni, tra cui AOI, per spezzare il silenzio ed evidenziare le criticità che, in questa drammatica situazione di emergenza da COVID-19, caratterizzano la condizione delle persone straniere ed in particolare dei/delle richiedenti asilo, delle persone senza fissa dimora e dei lavoratori e delle lavoratrici ammassati negli insediamenti informali rurali. Persone che ad oggi sono prive di effettiva tutela, nella maggioranza dei casi anche degli strumenti minimi di contenimento (mascherine e guanti – acqua, servizi igienici), ed oggettivamente impossibilitate a rispettare le misure previste dal legislatore, vivendo in luoghi che di per sé costituiscono assembramenti. Il documento non si limita ad enucleare dette criticità ma propone e chiede al legislatore soluzioni concrete ed immediate, che consentano di garantire a tutte le persone le medesime tutele previste dai provvedimenti per contenere il contagio da coronavirus. VarioMondo appelli - produttori locali COVID19: i produttori locali garantiscono l'accesso al cibo ARI ASSOCIAZIONE RURALE ITALIANA - 19 marzo 2020 La salute dei consumatori e il senso di responsabilità verso i produttori impongono alle istituzioni il massimo impegno. ARI, sostenendo tale impegno, rivolge le sue proposte al governo, dopo il varo del decreto “Cura Italia”, e agli Enti locali, molti dei quali hanno preso disposizioni relative alla commercializzazione dei prodotti agricoli. Il decreto Cura Italia. Considerazioni e richieste di ARI Il Decreto trascura una componente essenziale dell’agricoltura italiana: più di un milione di aziende diretto-coltivatrici in cui lavorano più di un milione e seicentomila persone (cfr. ISTAT). L’insistenza sul sostegno all’esportazioni agroalimentari (Art. 53 - Misure per il credito all’esportazione) avrà una scarsissima influenza sull’approvvigionamento alimentare del nostro mercato interno. Abbiamo apprezzato in particolare quanto previsto per i lavoratori agricoli (Art. 22; Art. 30; Art. 32) ma riteniamo che quanto previsto nell’ Art. 78 (Misure in favore del settore agricolo e della pesca) riguardi un numero banalmente esiguo di imprese agricole di grande o grandissima dimensione che NON rappresentano né la struttura produttiva agricola né l’effettiva capacità di fornire alimenti in modo capillare e decentrato quanto più necessario in questa drammatica emergenza. In particolare chiediamo un impegno su questi punti: VarioMondo articoli - anziani “Sarebbero morti anche per una normale influenza”, ha detto una brava professionista, dimenticando la differenza tra una statistica e una vita (…) “Ricordati che devi morire”, cara Tv lo sapevamo già Lea Melandri — 14 Marzo 2020 – il Riformista Da un passato, di cui restano segni profondi nella memoria del corpo e pochi ricordi, c’è tuttavia un’ immagine che mi ha seguita nel tempo, forse perché cercava una spiegazione che non ho mai avuto voglia di darle. Il titolo credo fosse “Le età della vita”, il disegno una linea curva su cui una figura umana saliva e scendeva, via via in posizione sempre più eretta e poi sempre più inclinata. Mi colpiva la somiglianza fra la partenza e il traguardo, l’evidente accostamento tra l’infanzia e la vecchiaia. Se mi è tornata in mente in questi giorni non è certo un caso: c’è l’allarme da coronavirus, ci sono ordinanze sempre più restrittive della nostra mobilità sociale, e ci sono notiziari che a ritmo serrato contano il numero dei contagi, dei ricoveri, delle guarigioni e delle morti, associandoli all’età delle persone colpite e sottolineando con insistenza la contenuta mortalità del virus che colpirebbe quasi esclusivamente gli “anziani” con malattie pregresse. Si tratta certo di dati oggettivi, ma accompagnati da una lettura e una scelta comunicativa che non potevano non sollevare perplessità, domande, irritazione. Collocate nella categoria dei “fragili” o “vulnerabili”, un modo all’apparenza gentile per rivolgersi agli ultrasettantenni, le persone che purtroppo ne fanno parte dovrebbero ringraziare per tanta inaspettata attenzione nei loro confronti, o chiedersi che senso abbia ricordare il “memento mori” a chi si presume lo abbia già dolorosamente nei suoi pensieri? VarioMondo appelli - carceri Tredici detenuti morti. Numeri, neppure la dignità dei nomi. Una tragedia senza precedenti di fronte alla quale il governo vergognosamente tace e i media chiudono gli occhi. Appello a costruire un comitato indipendente per fare chiarezza Morti nelle carceri. Appello aa.vv. 14 Marzo 2020 – Comune-info Morti nelle carceri. Un Comitato per la verità, la trasparenza e la giustizia Tredici detenuti morti. Un numero inusitato, per giunta incerto, laddove alcuni quotidiani indicano quattordici. Numeri, neppure la dignità dei nomi, per la quale si sta adoperando il Garante nazionale dei diritti delle persone private di libertà. Un numero impressionante, pur nell’eccezionalità delle circostanze in cui quelle morti si sono verificate. Viene in mente solo un unico altro episodio in qualche misura paragonabile: l’incendio nella sezione femminile del carcere torinese delle Vallette, avvenuto il 3 giugno 1989, nel quale rimasero uccise 9 recluse e 2 vigilatrici. Ma, oltre al numero, in quell’episodio furono almeno da subito chiare le cause, i media garantirono adeguate informazioni e approfondimenti, si arrivò a un processo penale. Della vicenda odierna, al contrario, colpisce l’informazione approssimativa su ciò che ha provocato quelle morti. Un’opacità mediatica e politica incomprensibile e ingiustificabile, anche tenuto nel debito conto l’emergenza sanitaria in corso con le gravi e impellenti problematiche che pone a tutti. |