Per favore, non chiamatela cooperazione
Tra novembre e dicembre prossimi andrà in onda in prima serata su Raiuno il reality show “The Mission”. Si tratta del primo reality umanitario prodotto in Italia, otto personaggi famosi aiuteranno gli operatori umanitari dell’Unhcr, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati, e della ONG Intersos in alcuni dei tanti campi profughi sparsi per il mondo. (da Infocooperazione, 24 luglio 2013)
Ci sono spesso eventi che non è necessario commentare, che anzi tendiamo tutti giustamente ad ignorare sperando che questo basti a farli annegare rapidamente nel giusto dimenticatoio del tempo.
Altre, rare volte un evento annunciato, suo malgrado, diventa invece occasione di dire altro, la goccia che fa traboccare il vaso, il ya basta! senza ritorno. E magari parlarne serve, anche a rischio di aiutarne involontariamente il lancio (inutile ignorarlo).
Non stiamo parlando della Cooperazione, semplicemente di comunicazione e spettacolo, show business, per l’esattezza. Se pensavamo che le mille trasmissioni che hanno alimentato in questi anni morbosità ed ignoranze fossero il fondo, semplicemente ci sbagliavamo; che differenza etica può fare scavare nei dettagli della carne di una figliola morta ammazzata o sulla fame e disperazione di un popolo costretto in un recinto? La realtà non esiste, appare solo se e quando fa spettacolo, ed il confine tra i due risulta sempre più labile, cercando di minare le capacità di reazione e conflitto, per veicolarle verso la donazione catartica.
Del resto, quanti messaggi abbiamo subito che ci dicono che con un sms si può fare la rivoluzione, che basta un click (ci si sente potenti, così?) per salvare la vita ad un bambino malnutrito, seduti comodamente sul proprio divano, senza la fatica di pensare alle cause né coinvolgimento né rinunce e soprattutto senza mettere in discussione nulla?
Perché alla fine questo è il punto. Cooperare è riconoscersi, mischiarsi, condividere, rinunciare, crescere, insieme nelle differenze. E lottare e costruire e godere assieme. È una scelta di politica di futuro globale comune, una scelta di relazione opposta al conflitto predatore, alla vendita per la sopravvivenza, alla partecipazione inconsapevole, alla chiusura, all'autoreferenzialità, alle missioni “di pace”, all’aiuto caritatevole basato sull’eterna dicotomia noi/loro.
Non ha NULLA a che vedere con l’oggetto di questa trasmissione.
Che ha a che vedere con i soldi. Laicamente .. sappiamo che sono necessari se vuoi davvero costruire qualcosa di duraturo, sappiamo che tanti fondi pubblici sono stati sottratti e destinati alle aggressioni o con la scusa di una crisi. Ma nonostante tutto questo, si tratta comunque di scelte consapevoli; quanto e cosa si è disposti a vendere? La linea di confine si sposta sempre un po’ più in là fino a che non ti ritrovi dall’altra parte della vetrina, a venderti corpo e anima, allo stesso compratore che volevi combattere. Inutile dirsi menzogne quando si supera quella soglia, e non salvano certo l’anima operazioni che ignorano il rispetto per chi vorrebbe contribuire, magari anche con denaro, ad un cambiamento sincero e profondo.
Si potrebbe fare informazione davvero, si potrebbero identificare chiaramente i colpevoli dietro alle tragedie di popoli e persone, ma ci vorrebbero coraggio, etica e le capacità per farlo. Strumentale e colpevole dare la colpa al pubblico stolto, affermando che per sensibilizzarlo l’unico modo sia la banalizzazione ed il pietismo, cercando di coltivarne l’ignoranza.
È invece solo un atto di violenza verso l’oggetto della pietà ed il soggetto colpevolizzato sul suo divano, colpito nella pancia senza nemmeno dargli la possibilità di capire le cause di ciò che vede. C’è chi lo fa da tanto tempo, e continuerà a farlo, giurando che il fine giustifica qualunque mezzo.
Non si tratta a questo punto di impedirlo, ma per favore chiamate questa roba con un altro nome.
Non lasciamogli scuse né sponde; faranno ancora una volta spettacolo delle vite altrui, comprando fin dove gli riesce, dimentichi o ignari che l’oggetto del loro business, le “vittime” ed i “bisognosi” di un tempo, hanno voglia e forza e capacità di protagonismo e risposta, ancora non del tutto compresi. Che oramai la televisione non è il solo veicolo, e che se anche l'ex nord del mondo non fosse più capace di trovare le parole (comunque grave), ben altre consapevolezze si stanno oramai affacciando con forza e determinazione nelle diverse voci che si alzano dal Sud globale, altrove e qui da noi.
Per finire, o meglio approfittarne per iniziare un discorso .. trasformare le istanze di giustizia in richieste di carità, le tragedie di popoli interi in fenomeni immanenti senza cause né colpevoli, sono certo scelte di spettacolo e denaro, ma anche e soprattutto scelte politiche chiare, che impongono altrettanta chiarezza di risposte, posizioni, azioni. Azioni comuni e condivise con chi queste scelte le continua a subire in prima persona. O ne saremo complici.
http://www.info-cooperazione.it/speciale-reality-mission/
http://www.change.org/it/petizioni/rai-non-mandare-in-onda-il-reality-the-mission-nomission